Nel nostro vicinato c’è una sola piazzetta usata come parcheggio privato, perdendo così la sua funzione di luogo pubblico. Anche le strade, le stradine, le porte, i portoni, sono parcheggi.
Chi è riuscito o ha potuto, ha messo davanti alla porta paletti abusivi per dire: devo entrare o uscire; altri hanno costruito un balconcino almeno di mezzo metro per garantire un minimo di privacy o di patrimonio per mettere uno stendibiancheria, una sedia. Il degrado dell’ambiente anche in questo senso e i costi che questo comporta per i vecchi e soprattutto per i bambini sono tanti.
Certamente Napoli rispetto ad altre città presenta un’inventiva e una resistenza alle difficoltà davvero sorprendenti. Qui alla Sanità si vedono anziani con bastoni, zoppicanti, bambini in carrozzine, donne incinte… sfidare macchine, motorini, camioncini, pulmini, bancarelle sugli stretti marciapiedi, con naturale disinvoltura.
I bambini, tanti, non tutti, che pagano un costo caro per la mancanza di spazi a casa, a scuola, nei luoghi educativi, sulle strade, sanno esplorare i ritagli di spazi vicini fatti di pochi metri, spesso sono un pianerottolo, due gradini, una soglia sulla porta, i pochi decimetri tra una macchina e l’altra… Spazi intriganti, ma pur sempre misteriosi e capaci di attivare nei piccoli un processo di appropriazione. Così è avvenuto per lo spazio davanti alla chiesa di S. Severo appena in grado di fare accoglienza alla gente che viene per un momento di preghiera.
Ecco le foto del campo di calcio dei nostri ragazzini. Alcuni anni fa, la soglia della Chiesa incominciò ad essere anche spazio gioco fino a diventare un campo di calcio a tutti gli effetti anche durante la Messa pomeridiana, disturbando i pochi anziani fedeli. Si pensò allora di creare qualcosa che impedisse questa attività gioco in momenti inopportuni: si edificarono due grossi vasi in cui furono piantati alberelli, poi anche due ringhiere come poggiamani per anziani.
I più piccoli dei ragazzi non si sono dati per vinti e hanno intravvisto nelle ringhiere le due porte; gridavano: “Abbiamo le porte!”. Da allora negli intervalli della giornata giocano anche nello spazio già piccolo, tra un ostacolo e l’altro. Lo hanno personalizzato con le proprie impronte.