Questa mattina mi sono seduta in piazzetta di fronte alla Chiesa di Santa Maria alla Sanità sulla panchina distante un metro dall’impronta di sangue lasciata dal giovane 22enne freddato sabato notte.
Accanto a me c’era una nonna col nipotino, che aveva sentito bene gli otto colpi e che, piena di paura, aveva abbassato le tapparelle. “Non si sa mai cosa succede in quei momenti…”
Anche una mamma di tre bambini, passandomi accanto mi ha sussurrato: “Qui non si può vivere più!”
Crocchi di uomini erano regolarmente in piazzetta, ma il loro volto era blindato e gli occhi semiabbassati e sbiechi sembravano scrutare i pensieri turbati dei passanti.
Tre ragazzini in fila indiana sono passati accanto “all’impronta”, e segretamente uno ha indicato all’altro i segni della tragedia.
“Santa Maria alla Sanità, libera dalla paura e dai pericoli questi ragazzini innocenti e iniziali a gesti quotidiani di dono”.